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La tradizione orafa

La tradizione orafa ha le sue radici nell'antichità. L'uomo, fin dai tempi più remoti, ha cercato di valorizzare il proprio aspetto e sottolineare la propria posizione sociale con monili preziosi.
Infatti un gioiello conferisce a chi lo indossa personalità, importanza e prestigio.
Già nella preistoria si fabbricavano monili con materiali di difficile reperibilità, quali conchiglie, denti di animali o zanne; questi erano modellati e sagomati per poter essere indossati.
E' però nell'antico Egitto che cresce fortemente l'attenzione alle opere di oreficeria. Gli egiziani si specializzarono nelle varie tecniche della lavorazione dell'oro e arricchirono i loro gioielli con l'inserzione di pietre dure, quali la corniola e il lapislazzuli.
Successivamente l'oreficeria etrusca contribuì alla nascita e alla crescita di quella che sarebbe divenuta la tradizione orafa italiana. Nei primi secoli dell'insediamento etrusco in Italia, l'arte orafa non era particolarmente sviluppata e gli ornamenti apparivano modesti, ma con lo sviluppo dei commerci tra l'Etruria ed il Medio Oriente, la Grecia e la Turchia, la gioielleria Etrusca fece un notevole passo in avanti e gli artigiani locali impararono ed acquisirono dagli orafi mediorientali e greci l'arte della filigrana e della granulazione, tecniche che svilupparono ed utilizzarono ampiamente.
Lo sviluppo delle produzioni orafe si registrò nel Medioevo , grazie ai bizantini e ai barbari.
La preziosità dell'oreficeria bizantina è testimoniata non solo dalle molte realizzazioni artistiche, come la Pala d'oro diVenezia o la Crux Vaticana o Croce di Giustino II nel Museo del Tesoro della Basilica di San Pietro in Vaticano, ma anche documentata dalle figure sontuosamente ingioiellate presenti nei mosaici di Ravenna.
Nelle oreficeria barbariche vennero raggiunti i migliori risultati artistici, con notevoli apporti originali. Le principali produzioni riguardano fibule,diademi, else, fibbie di cinturoni.
Con il Rinascimento poi la consacrazione dell'arte orafa è stata definitivamente sancita. Cosimo I de' Medici riservò le botteghe di Ponte Vecchio agli orafi, ai gioiellieri e agli argentieri, dando impulso e nuova linfa vitale all'oreficeria. Si cominciò anche ad insegnare quest'arte con dei percorsi di formazione ben distinti: scultori, orafi, doratori, …
L'Europa era invasa da una nuova voglia di vivere e di adornarsi di gioielli e, complice la maggior disponibilità di materiali preziosi , i desideri e le esigenze di oro dei nobili poterono essere soddisfatti.
Durante l'Ottocento il gioiello divenne più democratico e anche la borghesia poté sfoggiare prodotti dell'arte orafa, sfruttando anche la tecnica artigianale della placcatura, ideata dall'italiano Brugnatelli, che permise di ricoprire con un sottile strato di oro qualsiasi oggetto. Si sentì più diretto l'intervento di artisti di spirito nuovo, in rispondenza alle esigenze di un gusto più attuale, nonché in relazione a quell'industrialismo, che non tardava a conquistare anche l'oreficeria, attraverso una produzione a serie e attraverso l'imitazione della materia preziosa.
Due artisti si distinsero in particolare: Vincenzo Melchiorre e Vincenzo Giura. Il primo fondò la sua oreficeria a Valenza ed è considerato il padre della gioielleria valenzana e italiana; il secondo si affermò a Napoli e lavorò anche per i Reali d'Italia.
Sempre nello stesso periodo in Sudafrica si scoprirono i primi giacimenti di diamanti e anche il gioiello modificò le sue forme: il metallo fu reso meno visibile a vantaggio delle gemme.
Alla fine del secolo nacque l'art noveau, uno stile decadente basato su motivi floreali e animali realizzati con smalti di cromie sgargianti e vivaci.
L'oreficeria cominciava così a modificarsi seguendo i cambiamenti della società. Il gioiello non era più un solo privilegio delle classi aristocratiche e benestanti, ma cercava la massificazione.
L'arte orafa si è quindi potuta diffondere e l'Italia oggi è tra i maggior produttori ed esportatori mondiali di gioielleria. Il settore orafo, infatti, riveste in Italia un ruolo di primo piano a livello internazionale e rappresenta uno dei settori tradizionali di maggior prestigio del Made in Italy per le sua peculiarità di concentrare la produzione all'interno di distretti industriali (si veda Arezzo, Vicenza e Valenza) e di utilizzare una manodopera altamente specializzata.

 
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